«La bimba scivolava nel cielo e in un gioco senza pensieri apprendeva le cose del mistero, assorbiva le forze dell'aria e della notte. Lasciava, nelle gocce della brina, le forme corruttibili della memoria. E la scagliavano coloro che l'avevano scelta per renderla capace d'una sapienza folle, lontana dalle vie consuete del nascere e del morire.
Loro erano le streghe. Donne consunte. Poiché il lavoro, la fame, le percosse avevano piegato i corpi lungo la deformazione delle ossa. Ma la fiamma dello spirito era comunicativa attraverso la dea antica delle visioni. Ed era viva»
«Quando ero piccolo, mio nonno mi raccontava le favole, la sera, davanti al focolare. Le sue favole non erano tradizionali, molto spesso si riferivano al paese, sì, ma questo era intriso di azioni magiche e demoniache, opera delle streghe. Io ascoltavo e guardavo la parete del camino nera di fuliggine, e pensavo che al di là di quella ci fosse tutto il mondo ribollente di mistero che mio nonno descriveva.
Era appena finita la guerra e noi bambini collezionavamo le armi e gli esplosivi lasciati dai tedeschi in ritirata.
Un giorno sorse una discussione tra noi. C'era chi diceva che i detonatori erano fatti di catrame e perciò si squagliavano sul fuoco, e c'era chi diceva che no, che non era assolutamente vero. Per provare ne gettai due o tre sulla brace del camino. Ci fu un boato d'apocalisse e un fuggi fuggi, mentre i vicini gridavano che era tornata la guerra. Io rimasi intontito. La parete di fondo del camino era crollata e di là da essa intravedevo gente che stava a pranzo e che fuggiva con il boccone di traverso e le forchette ancora in mano. Dov'erano allora le streghe, il caprone infernale e tutte le altre creature misteriose? Ero angosciato che per colpa mia il mondo della tregenda fosse andato a perdersi.
Forse è stato questo pensiero, non tanto inconscio, a spingermi ad ascoltare altre storie simili e a trascriverle, forse per riparare alla strage compiuta».
Era appena finita la guerra e noi bambini collezionavamo le armi e gli esplosivi lasciati dai tedeschi in ritirata.
Un giorno sorse una discussione tra noi. C'era chi diceva che i detonatori erano fatti di catrame e perciò si squagliavano sul fuoco, e c'era chi diceva che no, che non era assolutamente vero. Per provare ne gettai due o tre sulla brace del camino. Ci fu un boato d'apocalisse e un fuggi fuggi, mentre i vicini gridavano che era tornata la guerra. Io rimasi intontito. La parete di fondo del camino era crollata e di là da essa intravedevo gente che stava a pranzo e che fuggiva con il boccone di traverso e le forchette ancora in mano. Dov'erano allora le streghe, il caprone infernale e tutte le altre creature misteriose? Ero angosciato che per colpa mia il mondo della tregenda fosse andato a perdersi.
Forse è stato questo pensiero, non tanto inconscio, a spingermi ad ascoltare altre storie simili e a trascriverle, forse per riparare alla strage compiuta».